LOLASOFT INC. © 1976

 

UNIT         : FOX ELECTRONICS 508-V01

CODENAME     : THE MONOLYTH

TIME UPDATING: 12.05.12 00:43 CET

CODENAME     : SONO INGENIA

PAGE         : 120512

CHECKSUM     : OK

 

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INGENIO

Mi domando spesso se sono in genio o ingenuo - di Lola Fox

 

Si, lo ammetto: sperimentare, costruire, provare, mettere in funzione, architettare, studiare un qualche strano e losco marchingegno mi ha sempre affascinato. Peccato che Leonardo Da Vinci, Guglielmo Marconi e Enrico Fermi siano già nati (e purtroppo morti). La mia vita è piena di piccole e grandi imprese, piccole cose, che sia chiaro, rispetto ai grandi prima citati. Piccoli tentativi nel cercare di fare qualcosa che mi dia l'ebbrezza del "questo l'ho fatto io". Alcuni  sono ovviamente falliti miseramente, altri perfettamente portati a termine e funzionanti. A volte il gioco è valsa la candela, a volte mi sono beccato del (o mi sono sentito un) pollo, cioè un coglione. Però un elemento comune c'è: quell'affascinante nonsochè nel provare a costruire qualcosa che potrebbe funzionare e che mi ha sempre dato la forza di andare avanti nell'impresa, tra piccoli e grandi (in) successi. Vediamoli in ordine prettamente cronologico:

1973 –  LA FUNIVIA   :-))

Correva l'anno della grande prima crisi energetica (la famosa austerity) e facevo la III elementare. Una domenica di primavera mia mamma mi portò sull'unica funivia di Bologna, che all'epoca collegava la zona del Ghisello con San Luca, la famosa basilica in cima al colle della Guardia. Ancora oggi amo funivie e funicolari, figuriamoci a 9 anni. Ricordo che mi attraeva quel mezzo di trasporto appeso a due corde, tant'è vero che nell'attesa della corsa rimasi a guardare il funzionamento di quel carrello appoggiato a due cavi che veniva trainato da un terzo. Ricordo che mia mamma durante il viaggio, nel vedermi fissare costantemente i cavi, mi chiese se avevo paura: see, ciao... i motivi del mio interesse erano ben altri. Infatti alla sera, a casa presi le costruzioni Lego, costruii una cabina, tramite una cerniera che fungeva da snodo dondolante fissai il tetto ad un carrello a 4 ruote. Poi costruii la stazione base che conteneva il motorino (Si, si, delle Lego avevo pure quello) e la scatola porta pile col comando avanti - off - indietro. Tesi due fili per cucire (dei più resistenti, mia madre era sarta) dalla base fino a 2 degli elementi del termosifone appeso al muro, che guarda caso avevano lo stesso scartamento (distanza) della larghezza del mio carrello (In realtà avevo fatto la larghezza del carrello che fosse compatibile con la distanza degli elementi ). Fissai con lo scotch al termosifone una carrucola che stesse al centro dei due elementi dello stesso, e tramite essa feci passare il terzo filo, quello trainante, con un capo attaccato al carrello della cabina, e l'altro arrotolato su una puleggia del motorino. Tenendo in tensione la stazione base, in modo che tendesse i due fili che sostenevano la cabina e facendo ruotare il motorino (cioè la ruota-puleggia) contenuto nella stazione base, il filo si arrotolava, girando per la carrucola appesa al termosifone, trainava su la cabina. Arrivata in prossimità del termosifone, fermavo il motorino, invertivo la tensione e la puleggia girava al contrario, srotolando il filo e facendo scendere la cabina. Avevo 9 anni e mi sentii per la prima volta un genio tra i complimenti di mia mamma.

COME ANDO' A FINIRE: La cabina non aveva dei micro (pulsanti) di fine corsa automatica, per cui i comandi di stop erano tutti manuali, cioè ero io a fermare la cabina al momento giusto. In una salita bastò uno stop in ritardo, che la cabina si fracassò contro il termosifone precipitando a terra distrutta. Non mi sentivo più un genio ma un fallito: avevo fracassato la mia splendida funivia, che per la delusione non ricostruii più. Un successo finito nel disastro. E io non fui mai un baby ingegnere prodigio. 

1974 – LA MACCHININA SUPERTRUCCATA   :-((

Si sa, gli adulti elaborano i motori delle auto nelle corse in pista, i giovani fanno la stessa cosa (illegalmente) sui motorini, e i bambini cosa fanno ? Avevo una pista Polystil con macchinine pulsanti e trasformatore elettrico di alimentazione. Esso aveva due velocità: min. e max. Ma oltre a queste due parole, vi erano anche riportate le due tensioni di alimentazione: 10 e 12 volt. La differenza di 2 volt permetteva di variare la massima velocità cui potevano viaggiare le macchinine. Ora, nella mente di un bimbo di 10 anni il concetto "se tanto mi da tanto" non è relativo ma assoluto: se a 10 volt la macchinina va piano e a 12 volt va più forte, chissà come andrà sparata a 220 volt... Geniale ! Una trovata geniale, ma solo sotto la logica di un bimbo. Per il resto è roba da deficienti. Ed infatti bisognava sperimentare l'iperbolica velocità cui sarebbe andata la macchinetta. La smontai, estrassi i due fili e li inserii fiducioso nei due fori della presa di rete a 220 V che all'epoca erano "libere" cioè non avevano come oggi le protezioni sbloccabili solo all'inserimento della spina.

COME ANDO' A FINIRE: Ma è molto semplice, anche per chi non ha nozioni di elettrotecnica: Buummm... Un ciocco pazzesco (botto) con tanto di scintille e casa piombata nel buio totale. Buio proporzionato alle urla di mio padre e mia madre dapprima per la paura che mi fosse capitato qualcosa, poi per l'incazzatura di constatare che avevano un figlio col bernoccolo degli esperimenti alla Guglielmo Marconi. Esperimento fallito, ovviamente ! E per un bel pezzo pista nascosta con divieto di gioco. Ed io non diventai Edison. E nemmeno Marconi.

1976 – IL CAMPO DA CALCIO   :-)

A 12 anni si facevano le partite nel quartiere ma il campetto improvvisato con tanto di porte, era di "gestione" dei ragazzi delle palazzine bianche di fronte, e come tale essi avevano la precedenza. Ma noi, quindi, quando giocavamo? Semplice: mai ! Bene, un bel giorno io e 2 miei amici, che eravamo i più grandi della squadretta di calcio del palazzo dove abitavamo, decidemmo di farci un campo da calcio. Sii, una robetta semplice semplice. Mica uno stadio, troppo grande: diciamo un campo da 7 calciatori per squadra. Lo spiazzo c'era: un pezzo di terra incolto proprio di fronte a casa. Tra l'altro quest'area era leggermente più bassa del livello stradale di uno o due metri, per cui vi era anche una sorta di tribuna naturale, cioè avevamo pure gli "spalti naturali". Il problema era che era pieno di sterpaglie, arbusti ed erbacce varie. Un pomeriggio, coinvolti altri 2 o 3 nostri amici del palazzo, ci mettemmo di buona lena ed iniziammo ad estirpare una a una queste piante selvatiche. Entro l'ora di cena (era estate) avevamo delimitato l'area del campo “glabra”, perfettamente pulita: sembrava un campo vero. Ma mancavano le porte. Io e gli altri due "capobanda" decidemmo di andare a... ehm... come si dice? Diciamo a "prelevare a tempo indeterminato" dei pali da cantiere (edile) proprio li vicino, ma siccome i nostri genitori erano contrari a questo genere di "prelevamento a tempo indeterminato" dovevamo farlo col buio e di nascosto. Subito uno dei due diede forfait: non voleva partecipare al colpo. E vabbè, la solita scamorza rammollita. Saremmo andati in 2. L'accordo era per le 22 appena buio totale (era estate): ci saremmo trovati con le tenebre, avremmo fatto il "prelievo" e poi il giorno dopo avremmo segato i pali, piantati per terra  e inchiodati per fare le porte del campetto. Fatto sta che all'ora x il mio amico mi fece il bidone adducendo dal citofono che sua mamma non lo faceva uscire (! - scamorza rammollita 2 la vendetta). Però se davvero i suoi genitori avessero sospettato del piano sarei stato rovinato perchè poi lo avrebbe spifferato a mia mamma (La polizia) che l'avrebbe detto a mio padre (Il Tribunale) con le conseguenze che potrete immaginare (Arresti domiciliari o galera). Me ne fregai e decisi che se loro non avevano le palle, le avrei avute io. Erano passate oramai le 22 e decisi di andare nel cantiere. Penetrai la rete e nel buio andai nella zona pali di legno. Presi due lunghissimi e pesantissimi pali del diametro di circa 10-12 cm e trascinandomeli dietro, li andai ad adagiare nel campo. L'indomani mattina tardai ad uscire di casa ma notai con stupore che le due scamorze rammollite e altri due "manovali" più piccoli erano la a scavare i 4 buchi e a segare i pali. Splendido: avevano capito tutto. Forse avevano creduto ad una donazione di Babbo Natale. Il colpo lo avevo fatto io ma loro poi si erano presi l'iniziativa di partire coi lavori. Li raggiunsi e forte del "prelievo" fatto mi autonominai capo cantiere honoris furfantiis a direzione generale dei lavori che coordinai tutto il giorno fino a che il campo non fu finito. Alla sera mandai uno di loro a prendere altri quattro legni più sottili per fare le 4 bandierine dei corner, cosa che accettarono, così il terzo giorno il campo fu finito. Inaugurammo il terreno con un incontro contro i palazzinari di fronte e da allora quel campo divenne il n°1 del quartiere (campi ufficiali Arci esclusi ovviamente).

COME ANDO' A FINIRE: Nel 1980-81 quando oramai eravamo cresciuti sufficientemente per abbandonare il calcio-fai-da-te per abbracciare motorini, e signorine, il campetto andò in disuso. Le ruspe comunali ne decretarono la completa distruzione per poi costruire una scuola. Rimangono però parecchie foto fatte in parecchie partite anche all'interno di diversi tornei da noi organizzati e tutti vinti (3 in totale) di cui, del primo, conservo ancora la coppa. Ma io non diventai mai un costruttore di stadi e nemmeno un ladro qualificato !

1978 – LA MACCHININA SUPERTRUCCATA  2   :-)

Il padre di un nostro amico faceva il postino e tramite conoscenze in un grande magazzino di giocattoli, portò a casa una enorme quantità di pezzi di pista elettrica per macchinine. Un altro condomino, molto bravo nel fai da te col legno, coi pezzi ci allestì una pista ad 8 allungato,  inchiodata su un enorme tavolo di legno appoggiato su due cavalletti. Nella pista vi erano 4 corsie e, in due punti, le corsie avevano una sorta di voluta strettoia, in modo che se due automobili fossero arrivare contemporaneamente, si sarebbero urtate di lato. Ovviamente il tutto era completato da prese di corrente a basso voltaggio: tu ti portavi la tua macchinina, il tuo pulsante e il tuo trasformatore e si correva in gare a 4. Non vi dico le ore che trascorrevamo li... E naturalmente vi era una corsa nella corsa: l'elaborazione delle macchinine per farle andare più forte ovvero di farle restare più in pista nelle curve. E allora giù di stucco per ripartire i pesi in curva. Ma dopo un po' ci si accorse che la macchina più pesante andava anche più piano in rettilineo. Serviva qualcosa di più... di più... come dire... Insomma, serviva il doping !!! Parlando con mio zio di elettrotecnica (elementare, per un ragazzino di 14 anni), ricordandomi dell'esperimento miseramente fallito 4 anni prima (vedi sopra), e ragionando sui rapporti degli avvolgimenti nei trasformatori, andai a calcolare che se all'interno del mio, sull'avvolgimento primario avessi tolto qualche spira, aumentando quindi la corrente sul nucleo ferromagnetico, avrei ottenuto anche una tensione in uscita maggiore, quindi la macchinina sarebbe andata un po' più forte. E così fu. Naturalmente mi dovetti preoccupare di non far apparire più di tanto la mia superiorità elettrica, se no gli amici avrebbero capito il trucco. E infatti la cosa andò strabene: iniziai a vincere, vincere, vincere. Alle domande stranite degli amici, rispondevo che era la macchinina che aveva le gomme che facevano molto attrito e quindi non slittavano in accelerazione.

COME ANDO' A FINIRE: Quando vinci facile, la cosa va avanti per un po' poi a forza di sentire puzza, qualcuno ti becca con le mani nella marmellata. La scusa delle gomme super aderenti resse fino al giorno che un mio amico andò a comperare delle gomme nuove per la sua automobilina, e vedendo che non funzionavano come sulla mia auto iniziò a fare delle ricerche per capire il mistero. Un giorno io ero poco lontano dalla mia postazione, dal mio pulsante, dal mio trasformatore truccato e dalla mia auto, distratto a parlare con altri amici. Il mio amico detective cosa fece ? Prese la mia auto e la provò sul suo trasformatore, poi vedendo che non dava prestazioni super, prese la sua auto e la mise nella mia corsia alimentata, dal mio trasformatore. Come vide che andava sparata, subito capì tutto e mi denunciò alla collettività ludica. Io venni bannato e diffidato dal correre ancora con gli amici soprattutto con quel trasformatore truccato, ma poi ben presto qualcuno  mi chiese di truccare pure il suo trasformatore. E così si decise che i trasformatori truccati erano banditi e io diventai sorvegliato speciale: il trasformatore doveva avere le borchie originali di chiusura e non le viti che io avevo messo per richiuderlo dopo averlo aperto. Chiesi pure a mio zio se aveva una sorta di rivettatrice che potesse serrare quel tipo di borchiette particolarmente piccole ma egli mi disse di no… Finì così la mia esordiente carriera di baro al gioco :-) ma soprattutto non andai mai alla Ferrari Corse.

1979 – LO STESINO   :-))

Fin età dei 14 anni, cioè dall’anno precedente, giravo con un motorino che era una vergogna (per me). Neanche tanto per la marca che era anche famosa, un Malaguti, ma per il modello e il colore: un modello inclassificabile, a metà tra la moto da cross e quella da enduro. Tranne il fatto che se provavi a, non dico a fare motocross, ci mancherebbe, ma anche solo un impenno, rischiavi lo sfascio delle forcelle anteriori e dei cessissimi ammortizzatori posteriori. Il colore era poi abominevole: telaio verde militare e serbatoio grigio: un carro funebre, anzi una moto funebre. Come se tutto ciò non bastasse, il motorino non andava nemmeno a spingerlo. Faceva si è no i 65. Una vergogna ! Gli avevano affibbiato l’appellativo di Trombone, loro, i miei coetanei smanettoni li nel quartiere dove stavo, quelli  in che mi prendevano per il culo, quelli sulla cresta dell’onda, che avevano dei motorini che, minimo minimo, andavano almeno a 80-85. Loro stavano sulla cresta dell’onda e io in mezzo alla merda. Eclissato dalla “top society”, emarginato dalle charts, le classifiche delle competizioni di quartiere, deriso dagli amici per quel cesso, anzi peggio per il Trombone che mi ritrovavo. Comprarne uno nuovo ? Ahahah… la più grande barzelletta per due sordi come mio padre e mia madre. E poi… sapevano con chi avevano a che fare e quali fossero i propositi. Per cui zero totale.

Un giorno il marito della cugina di mio padre mi dice che dove lavora lui c’è un vecchio motorino abbandonato, per cui se mai lo vorrei anche solo per prenderci dei pezzi, potevo andare con lui là. Quando lo vidi mi si illuminarono gli occhi. Era si un ammasso di ferro mezzo arrugginito, unto, sporco e puzzolente. Ma sotto si celava un telaio a doppia culla e un motore Minarelli Super Sport anche se, ahimè, a 4 marce enon a 6 (ma di grazia che c’era quello). Lo portai a casa, lo smontai tutto, completamente, feci verniciare il telaio e il serbatoio a fuoco da un amico di mio padre rifeci le ruote nuove, impianto elettrico nuovo, e già che c’ero pure una testa cilindro e pistone nuovi. Ovviamente elaborati: 4 travasi nel cilindro, pistone marca Asso con un segmento a L, testata ribassata, cilindrata totale illegale 65 cc. Naturalmente come carburatore un bel Dellorto SHB 19, quello con la vaschetta centrale e con getto (gigler) maggiorato (da me) da 106. Espansione e Marving a collo lungo e silenziatore sempre Marving con dentro non la lana di vetro ma la lana di roccia, quella azzurra. Pignone anteriore da 13 e corona posteriore da… non melo ricordo. La sella era col codino, come le moto da corsa, con, nel sedere il fanalino collegato con il faro giallo anteriore. Il manubrio erano due monchini fissati alle forcelle anteriori 15 cm sotto la parte superiore, in modo da stare bassi con le mani, cioè col corpo in posizione quasi distesa. Fu per questo che lo chiamai LO STESINO. Perché era molto basso di baricentro (il telaio a doppia culla si prestava x questo tipo di moto) e si stava quasi distesi come i piloti nelle corse. Il fanale davanti si accendeva con un interruttore da bajour fissato sulla plastica del faro stesso e sotto al serbatoio c’era un interruttore per spegnerlo in caso di emergenza (vigili urbani) ma soprattutto da usarsi come antifurto perché non c’era chiave da chiudere i contatti elettrici. Per cui senza interruttore nascosto, chiunque poteva avviarlo. Se non accendevi quindi l’interruttore nascosto lo stesino non andava in moto. Al serbatoio avevo pure applicato un tubo esterno (che avevo anche tacchettato con un pennarello) collegato con una Y al tubo della benza che dal serbatoio andava al carburatore: così con il concetto dei vasi comunicanti, sapevo sempre quanti litri di benza avevo. Quando lo inaugurai, andai sullo stradone di circonvallazione, quello a due corsie per senso di marcia con spartitraffico e capii subito che si viaggiava abbondantemente oltre gli 80, forse i 90. Mi sentivo il cuore in gola, non x la velocità, ma x avere un motorino competitivo, presumibilmente vincente, soprattutto tutto fatto da me. Ma che gioia inenarrabile. E ovviamente non resistetti a convocare alcuni miei amici smanettoni per dimostrare cosa faceva quello stesino. E loro riconobbero le prestazioni e si complimentarono pure accettandomi nel loro giro, nel giro delle corse per le chart settimanali, le classifiche dei motorini. C’era la classifica dei più veloci (motorini a marce), quella dei Ciao che impennavano di più, i presa diretta più veloci, quelli con più ripresa, quelli che tiravano di più in 2 su per le Orfanelle (*) e avevano pure inventato la classifica dei più veloci in 1° marcia. Roba che se lo fai oggi ti sbattono in galera dritto filato. Ma allora… Io ovviamente ambivo a scalare la classifica dei più veloci a marce. Con la lucidatura dei travasi del cilindro e del collettore del carburatore ero riuscito a spingere lo Stesino fino a circa 104 km/h (cronometrati di orologio sul km lineare). Robe da matti se si considera che i freni erano a tamburo e non certo per quelle velocità. Una volta simulai una frenata di emergenza alla massima velocità: mi fermai in 50-100 metri. Roba che se capita una emergenza vera si vola al creatore dato che non c’erano i caschi obbligatori (e nemmeno facoltativi). Senza considerare che anche l’assicurazione era facoltativa, quindi non l’avevo.

COME ANDO' A FINIRE: Scalai le classifiche fino al giorno + bello, quello per la corsa per il secondo posto, detenuto all’epoca dal figlio di quello  che aveva il negozio di caccia pesca, e che aveva una moto abbastanza simile alla mia ma che faceva circa i 100. Quel giorno d’estate del 79 l’appuntamento era sulla Traversa di Pianura, uno stradone lungo, dritto e (all’epoca) poco trafficato che collega l’interporto con S. Giovanni in Persiceto. A Funo arrivai prima io stracciando l’avversario e conquistando la seconda piazza nelle classifiche di quartiere. Il giorno più bello dei miei 15 anni. Non sfidai mai il 1° in classifica perché avrebbe significato sputtanarsi: aveva uno stesino anche lui, ma non un fai date… era un gioiellino tutto carenato e fatto elaborare da un tizio che aveva delle conoscenze all’autodromo di Imola. Un motorino da 120 km/h. Off limits per me e per i miei scarsissimi finanziamenti. Col tempo, nel 1980 dopo alcuni grippaggi, smantellai lo stesino anche perché non aveva nessun libretto di circolazione, quindi per essere legale avrei dovuto fare una immatricolazione con relativo collaudo alla motorizzazione. E li mi avrebbero certamente bocciato tutto dato che solo la cilindrata era ben oltre 49 cc (cioè a 67) immatricolabile quindi coi 125. Un amico appassionato di moto che gestiva un sito sul genere, mi pubblicò un racconto - intervista molto bello. Ora il sito ha cambiato tutto, e quindi le mie memorie con quel motorino non ci sono più, tuttavia avendo conservato una copia, l'ho ripubblicato qua su questo mio sito e lo potete trovare a questo indirizzo: www.lolafox.org/Avventure/RicordandoLoStesino.htm

 (*) Subito fuori Bologna, sul colle della Guardia c’è il Santuario  della B.V. di San Luca dove ci si può arrivare tramite 2 strade. Una di 6 km con salite e discese accettabili, una invece diretta da dietro lo stadio. Il clou è una doppia curva a tornante con una pendenza da pazzi, credo oltre il 22-24%. Si chiama la curva delle Orfanelle ed era li che si vedeva chi aveva il motorino potente: colui che la faceva in 2 (quindi peso doppio) al meglio.

1980 – L’ELETTROSHOCK   :-))

Avevo 16 ed ero molto deficiente J Cosa partorire da una mente deviata quando l’accendigas di casa si rompe ? Una volta, negli anni 60, gli accendigas erano a 220v: spingevi il pulsante e un batacchio si muoveva su e giù creando scintille. Poi negli anni 70 sono arrivati i materiali piezoelettrici: un cristallo, credo di ambra, che se tentato di piegare o pressare genera uno scossone d’alto voltaggio ma di bassissima potenza, ergo innocuo. D’alto voltaggio al punto da generare scintille. E se calcolate che a pressione atmosferica servono circa circa 3000 volts per generare una scintilla di circa 1mm fate i vostri conti: misurate la lunghezza della scintilla e sapete indicativamente quanti voltoni vi state x beccare. Mia madre aveva rotto l’accendigas piezoelettrico, nel senso che cadendo ripetutamente a terra si era progressivamente rotto l’involucro plastico. Ma l’anima, il circuito elettrico funzionava. Cosa avrei dovuto fare ? Buttarlo ? Inquinare ? No, sarebbe stato più divertente fare lo stronzo creando un piccolo elettroshock da far saltare gli amici. Smontai l’accendisigari e posizionai il cuore piezoelettrico nella tasca sinistra dei pantaloni mentre sul cavo che portava l’alta tensione, ci feci una prolunga che correva tramite la maglia sotto la manica del mio braccio destro fino a fuoriuscire dal polso. Misi un po’ di scotch sul palmo e sopra posizionai il terminale elettrico quello che doveva far schizzare la vittima. Provai a caricare il cristallo muovendo con la mano sinistra la levetta ma… porca puttana… mi buscai un tremendo scossone al ventre. Il cavo di prolunga era del tipo normale oltre che troppo fino, quindi troppo poco isolato per sopportare alti voltaggi. Era partita una scarica dal punto di giunzione della prolunga che mi aveva colpito. Andai a cercare del cavo per alti voltaggi, ma di così fino non ne trovai. Il progetto si era fermato per assenza di materiali opportuni. Da un solfanaio (a Bologna è il ferrovecchio), trovai del cavo da 1 mmq con un isolante strano, molto corposo e gommoso che sospettai potesse sopportare alti voltaggi. Feci la giunzione-prolunga che isolai con numerosi giri di nastro isolante e messo il circuito sul fornello metallico (elettricamente a terra) provai la corretta conducibilità. La scintilla scoccava correttamente alla fine della prolunga. Perfetto. Mi rimontai addosso il circuito e riprovai. Stemmmm… un'altra bella scudozza da diverse migliaia di volt, stavolta alla mano: lo scotch che mi isolava dal puntale era insufficiente. Ci misi un pezzetto di mica, il materiale super isolante sia termicamente che elettricamente. La mano non poteva chiudersi ma mi isolava in maniera sufficiente. Riprovai e… tic ! E vaiii… scaricai la scintilla sulla stufa tutto correttamente. Il mio elettroshock era funzionante. Chi era la prima vittima ? Ovviamente mia madre !Andai di la in sala dove lei stava cucendo e con la faccia da supercretino di 16 anni in maniera ironica, con l’aria di uno che sta facendo parecchio il deficiente, la salutai “ciao mamma” toccandogli la mano e trasmettendogli una bella scossa. Uhhhh… fece un urlo bestiale, e quando vide che ridevo a 1000, senza domandarsi cosa avevo escogitato, mi fece i… complimenti: “brutto deficiente d’un cretino che non sei altro, vai studiare anziché fare ste cretinate, che stasera quando arriva a casa tuo padre le prendi” Chissà perché quando i figli fan gli stronzi, sono sempre del… coniuge “tuo figlio” oppure “tuo padre”. Tralasciamo i dettagli della sera con mio padre, che non sono importanti ai fini di questo racconto, e concentriamoci sul giorno dopo a scuola. Fin dalla prima mattina in autobus feci saltare 2 o 3 miei amici. Il bello era che chi ci cascava si sentiva pollo x cui non andava certo a fare la spia alle ignare future vittime, standosene ben zitto per godersi la scena: mal comune mezzo gaudio ma doppie risate.

COME ANDO' A FINIRE: Anche in classe feci saltare 5 o 6 amici, ma non accontentandomi di farlo nei momenti di cambio prof o durante l'intervallo, lo feci anche durante l’ora di italiano collegando il marchingegno alla sedia del mio vicino. Che allo scossone fece un tal casino d fare intervenne la prof sequestrandomi il marchingegno e che sarebbe stato reso ai miei genitori alla riunione che ci sarebbe stata da li a 10 gg. Non vi racconto ulteriori dettagli perché sarebbero troppo auto lesivi. Sta di fatto che così si concluse il mio elettroshock. Ma mi divertii molto. E io non misi mai su una centrale elettrica !

1980 – IL PUZZÀNO   :-))

A scuola, si sa, una delle cose più divertenti sotto carnevale è mettere la fialetta puzzolente in classe o nei corridoi. Si, lo so che oggi, proiettati verso i 50 d’età suona come cose da mongoloidi, ma mettetevi nei panni di un 16enne… In chimica avevo 3 ma un mio amico, quello de "Il razzo" nel capoitolo seguente, e de "Il laser" più avanti nel 1982, mi fece riflettere sullo zolfo, sul ferro e sull’acido cloridrico. “Oh… ci facciamo le fialette puzzolenti in casa? Dai… hai dello zolfo ? Io ho la limatura di ferro… è facile.” In effetti fu facile procurarsi lo zolfo: “Papà, papà, tu usi le stecche di zolfo quando fai il vino giusto ?”. “Si, perché?” “Dove le comperi ?”. Mio padre non era scemo e soprattutto conosceva i suoi polli: “Ma cosa devi fare ? “. La faccia che fece quando mi fece questa domanda mi aveva fatto sospettare che lui aveva capito che stavo architettando qualcosa. “devo provare un esperimento di chimica che mi ha suggerito il prof.”. “Guarda, queste pataccate valle a raccontare a qualcun altro… tu vuoi fare qualcosa che mi puzza… io non ti dico un bel nulla. E adesso cammina a studiare! “. Ma io non mi persi d’animo e due pomeriggi dopo, mentre lui era a lavorare, sempre in compagnia del mio amico, che nel frattempo aveva comperato alla Coop l’acido muriatico, andai a fregargli 2 stecche di zolfo da vino.  Ricordo che andammo in terrazza da me, sul balcone sbriciolammo lo zolfo che mescolammo alla polvere di ferro, poi mettemmo tutto dentro una stagnola e gli demmo fuoco. Il fumo e l’odore acre attirò subito mia madre che iniziò a sbraitare, ma, poveretta, la misi zitta. Della combustione rimase un residuo carbonioso nero che a sua volta sbriciolammo e inserimmo nella bottiglia di acido muriatico, che non è altro che acido cloridrico al 17%. Odorammo il nuovo composto: puzzava tremendamente di uovo marcio. Avevamo creato il PUZZÀNO un nuovo elemento chimico di nostra invenzione. Che poi invenzione non era. La chimica parla chiaro: noi avevamo solo applicato le sue regole. Alla faccia del 3 che mi ritrovavo in pagella. Hai capito caro prof ?

COME ANDO' A FINIRE: A scuola inquinammo la nostra classe e quella della sezione vicina. Poi il corridoio e i bagni. Infine spuzzolentammo pure i corridoi delle cantine del mio amico. Peccato che quando mio padre qualche giorno dopo seppe da mia madre degli strani esperimenti in terrazza, capì anche che gli avevamo fregato lo zolfo (mancava) dalla cantina. La condanna fu 1 settimana di ritiro delle chiavi della cantina e del garage. Quindi fine del puzzàno e 7 gg. di stop allo stesino. Solo un mese dopo venni a sapere che lo zolfo da vino si comperava da Garagnani, subito dopo il ponte sul Navile. È colpa di mio padre se non ho mai preso il premio Nobel per la chimica !

1981 – IL RAZZO   :-(((

Quando hai 17 anni, il tuo cervello è iperattivo 25 ore su 24. Una ne fai e 100 ne pensi. Dopotutto è un fatto assoldato che il massimo numero di neuroni cerebrali lo si raggiunge proprio a 18 anni. E da me si vedeva. Eccome. peccato che erano neuroni atti a far cazzate. Che poi, come dico sempre, io non ero cattivo: volevo solo divertirmi. Dopo avere sperimentato con successo il "Puzzano" (vedi precedente capitolo) sempre con la stessa persona che all'epoca era idiota come me e che nel 1982 avremmo tentato di fare il laser (leggi più avanti) decidemmo di fare un razzo da sparare a 3.000 - 5.000 metri di quota. Con la testa di oggi, un modo per andare nei casini. Ma procediamo per ordine. Tutto nacque quando sulle solite riviste di elettronica e non solo, che comperavo (e anche barattavo e fotocopiavo), trovai un progetto per fare un razzo a propellente solido con una spinta che permetteva di raggiungere dai 3 a 5 km di quota. Fantastico: mi vedevo già nello spazio. A dire la verità quel numero, che trovai dal rigattiere a 500 lire, il costo di un buon gelato, lo presi per un altro motivo: c'era il progetto di... udite udite... una bomba nucleare. Sii... non sto scherzando... è vero. Oggi una roba del genere scatenerebbe la polizia di tutto il mondo e tu saresti additato come terrorista dell'Isis anche solo pubblicando il progetto, ma all'epoca erano altri tempi, più tranquilli sotto certi aspetti. Meno sotto altri, infatti Ronald Regan che aveva fatto installare non so quanti missili Cruise a Sigonella (SR) puntati sull'Unione Sovietica rea di avere messo non so quanti SS20 puntati sull'Europa. Per cui in un clima del genere, cosa volete che sia pubblicare un progetto per una piccola bomba nuclerae. C'era solo un problemino: serviva l'uranio: una bazzecola :-) Dice: ma... l'uranio è radiativo! Una bazzecola per due deficienti di 17 anni. Poi c'era l'innesco che ora non ricordo più come veniva fatto. Dopo un piccolo vaglio decidemmo... di lasciar perdere la bomba nucleare (ma va...) e dedicarci al razzo. Eravamo si un po' deficienti, ma forse fare una bomba sarebbe andato un po' oltre le nostre capacità. Il razzo era facile: un tubo d'acciaio, il corpo, riempito con non ricordo quanti kg di zolfo (S) e alluminio (Al) in polvere ripartiti in non ricordo quale percentuale. Se ben ricordo, mi pare servisse pure il perclorato di potassio (KClO4) o il nitrato di potassio (KNO3). E non ricordo neppure se questi erano fondamentali per la miscela oppure ne potenziavano solo gli effetti come comburenti. Sta di fatto che per l' S non c'erano problemi e ce lo procurammo dove prendemmo quello per fare "Il Puzzano" mentre per la l'Al prendemmo una testata vecchia di un motorino (ciclomotore) e iniziammo a limare, limare, limare.

COME ANDO' A FINIRE: Limammo alluminio per due giorni ma ci procurammo solo una minima manciata di polvere, roba che stava in mezzo palmo di mano. Provammo comunque la piccola quantità di miscela. Dove ? Sul mio davanzale della terrazza. Non successe nulla. Ritentammo cambiando la % e aggiungendo S. ottenemmo un fumo puzzolente lontanissimo dalla combustione che ci aspettavamo e che avrebbe dovuto spingere il nostro razzo nel cielo a 4 Km. La puzza entrò in casa e mia madre arrivò inviperita con le solite frasi che oramai sentivo quotidianamente e che credo anche voi lettori conosciate già: "Deficiente, stai tutto il giorno a fare queste cretinate anziché studiare. Stasera quando arriva tuo padre fate i conti" e via discorrendo. Auf... queste mamme... quando hanno figli deficienti di 17 anni diventano monotone... Non so se il flop fosse stato per la % S/Al sbagliata o per la mancanza dei derivati del potassio sta di fatto che abbandonammo lì la nostra corsa allo spazio e non andammo mai sulla Luna.

1981 – IL SINTETIZZATORE   :-))

Facevo la terza superiore (per la prima volta) e la passione per la musica era già allora tantissima. Ma non possedevo che un monofonico radioregistratore a cassette (quando impazzavano gli stero hifi) e un asmatico organo-giocattolo (o quasi), a ventola Bontempi a 2 ottave, un vecchio regalo di mia nonna quando dalla 5° elementare andai alle medie, praticamente il modello base della gamma, il più piccolo che c'era ! Tramite un mio amico venni in possesso di un progetto (fotocopiato) di un sintetizzatore a transistor (si, si, non ridete per favore... ho detto a transistor e se siete negli "anta" e avete masticato un po' di elettronica, vi dico anche che erano dei volgarissimi bjt BC109... ecco... ammazzatevi pure dal ridere ora...). Oggi viviamo nell'epoca digitale e un sintetizzatore, per giunta digitale, strapieno di microprocessori, oramai costa poco, specie se Made in China, ma allora costavano una cifra ed erano pure analogici. Ecco perché pensai di costruire quel progetto. E poi i BC109 erano dei transistor da "tutti i giorni" come il pane comune o il sale fino. Altro che microprocessori, ahahaha... Il progetto non era malvagio: c'erano 3 o 4 oscillatori locali: il VCO (Voltage Control Oscillator), l'LFO (Low Frequence Oscillator) e chi si ricorda più quali altri. C'erano anche le 4 regolazioni dell'ADSR (Attack, Decadment, Sustain e Release), c'era il VCA e tre forme d'onda: sinusoidale, quadrata e a dente di sega (triangolare). Insomma era un onestissimo circuitino che mi costò circa 20.000 lire di allora in componenti elettronici vari. E funzionava pure !!! Ma mi serviva la tastiera. Decisi di rottamare il vecchio Bontempi a ventola trasformandolo in un moderno sinth. Collegai un pulsante ad ogni tasto: 2 ottave = 7+7+1 tasti bianchi + 5+5 neri = 25 note. Monofoniche ovviamente. Tarai i 25 trimmer per le 25 note un po' a orecchio (manco avevo un frequenzimetro e men che meno un analizzatore di spettro) e anche un po' misurando le varie tensioni: empirico ma +/- funzionante. Poi decisi di inserirci un modulo aggiuntivo extra: era un circuito che produceva effetti speciali, tipo i suoni spaziali o quelli dei flipper dell'epoca. Ed aveva anche diverse regolazioni di riverbero, eco, ecc.... Infine aggiunsi ovviamente un piccolo mixer a volgarissimi potenziometri rotativi. Avevo trasformato il piano superficiale del mio ex Bontempi in una roba piena di potenziometri, interruttori e commutatori. Sembrava un Moog... :-)

COME ANDO' A FINIRE: Ci suonai un po', peraltro divertendomi più ad esibirlo agli amici che non a suonarci propriamente, perché essendo appunto monofonico, emetteva una sola nota per volta, anche premendo 2 o più tasti. Per cui sentivi praticamente solo questa "zanzara" dal suono oscillante zzzZZZZZZzzzzzZZZZZZzzzzzZZZZZZzzzzzZZZZZZzzzzzZZZZZZzz anche se potevi variare l'onda, tagliare il suono coi filtri o modificarne l'envelope ADSR. Non vi dico cosa dicessero i miei genitori quando sentivano continuamente questo (per loro odioso) zzZzzZzzZzzZzzZzzZzz che poteva anche diventare zZZzZZzZZz... :-) . Quindi un po' per gli improperi dei miei genitori (io non sapevo e non so suonare molto bene) un po' per i suoni non proprio armonici, anzi, diciamola come va detta, suoni spacca-orecchie, un po' perché mi venne un altra idea per un altro progettino super tosto, misi tutto nel dimenticatoio... E non diventai mai Robert Moog. E nemmeno Keith Emerson !

1981 – L’ANALIZZATORE DI SPETTRO LED   :-)

Eccolo, l'altro progettino super tosto ! Sebbene a giugno fui segato a scuola, il lavoro estivo in fornace a cuocere i mattoni (a 17 anni, mentre tutti gli amici erano in vacanza tra Cesenatico e Riccione) mi permise di comprarmi un gran bell'impianto stereo. Che ho ancora a tutt'oggi dopo 34 anni. E viaggia anche a manetta ! Alla faccia dei suoi 34 anni. Ma i fondi economici non bastavano per l'equalizzatore, figuriamoci per l'analizzatore di spettro. Cos'è ? É quella scatola con tante colonnine di led, ognuna per ogni frequenza (in genere una per ottava, quindi nella fascia 20-20.000 Hz  ne hai 10 +10 in quanto stereo) che si accendono a seconda delle tonalità della musica al momento. La canzone ha note basse? Si accendono le barre delle basse frequenze. La canzone ha un rumore di piatto (Il tzzz) quindi acuto? Si accendono le colonnine dei 4 o degli 8 KHz. e se hai un buon impianto anche quella dei 16 KHz. Ecco... Ogni colonnina è un vu-meter per una singola gamma di frequenze. E siccome all'epoca un robo simile costava 400.000 lire, che feci ? Decisi di costruirmene uno. Il solito amico (no, non quello degli esperimenti chimici, questo era un compagno di scuola appassionato di elettronica come me) che mi aveva dato lo schema del sintetizzatore di cui sopra, mi passò il progetto di questo analizzatore di spettro audio: consisteva in una base stero con 12+12 zoccoli in cui andavi a mettere le 12+12 basette tutte simili (tipo schede elettroniche modulari), composte tra le varie cose anche dal filtro (per tagliare le singole frequenze) e da 12 led. Ogni basetta lavorava su una frequenza a seconda del filtro. E il tutto sarebbe diventato un analizzatore a led da 12x10x2 led cioè 12 led x 10 ottave x 2 canali stereo. Dopo avere costruito la base, iniziai le singole basette. Le facevo un po' per volta perché costavano abbastanza (solo i led erano 240 ad una media di 150 lire cad) e i fondi di mia madre, non certo abbondanti, doveano essere ripartiti anche pe le altre cose, come la miscela per il motorino, le cassette stero, ecc.... Riuscii a terminare il canale sinistro con le 10 basette e i 120 led. Avrei dovuto iniziare anche il destro ma...

COME ANDO' A FINIRE: Andò a finire che un po' per i finanziamenti dei miei genitori che erano stretti a causa degli scarsi risultati scolastici (Ma eccelsi nell'analizzatore...), un po' che nel vedere il 50% del risultato, funzionante mi adagiai sugli allori, un po' perché ero stanco di austerità sugli altri costi per pagarmi questo progetto e quindi avevo aumentato le risorse economiche nel motorino... Fatto sta che il canale destro funzionò per molti mesi, allo stato grezzo, con le circuiterie a vista, mentre il sinistro non fu mai completato. Ma i miei genitori non dissero nulla sulla cosa perché gli detti da bere che era finito così, con solo una parte fatta. Quella cioè relativa al canale destro cioè in pratica un analizzatore mono collegato ad un solo canale. Oggi, il giochino me lo godo sul pc: una semplice applicazione, leggera leggera e gratuita che mi fa tornare ai ricordi di quando sognavo con l'elettronica !

1981 – LA RADIOSVEGLIA   :-))

Sempre il mio amico dell'analizzatore di cui sopra, mi passò pure un progetto di una radiosveglia. Era un progetto modulare: tu facevi la sveglia, digitale, con buzzer per la suoneria e con già la possibilità di rifarla suonare ogni 15 minuti per farsi i sonnellini pre alzata, poi potevi integrarla con una radio. E così feci. E funzionò. Peccato solo che, sempre per le scarse finanze, radio e sveglia stettero per anni e anni dentro una... scatola da scarpe. Si, perchè era più economico... Mi sono svegliata per anni, prima per andare a scuola, poi al lavoro, con una sveglia con radio che stava dentro una scatola da scarpe. Sul comodino. Con tutti i pulsanti e il display. ben fissati sul cartone. E l'altoparlante dentro. Tanto si sentiva lo stesso, anche attraverso il cartone.

COME ANDO' A FINIRE: Alla fine degli anni 80 mi decisi a buttare la scatola oramai spiegazzata a forza di premere pulsanti ancorati sul sottile strato di cartone, optando per una scatolina super figosa miniaturizatissima a forma di cuneo con lato porta display a tutta facciata color fumè. Ci misi dei pulsanti super fighi tutti colorati (e che costarono una follia): sembrava vera!!! Funzionò per diversi anni (senza radio causa l'estrema miniaturizzazione della scatola appena sufficiente per circuiti e trasformatore della sveglia) fino a che un bel giorno nei primi anni 90 mi cascò per terra rompendosi irreparabilmente. Non trovando più la scatolina uguale, e avendo anche danneggiato la basetta base, buttai tutto e me andai a comperare una made in China. Però la mia era più bella.... e poi... l'avevo fatta io !!!

1982 – IL LASER   :-(((

É indubbiamente la cosa più ambiziosa (e da deficienti) che abbia mai tentato di fare. Se ci ripenso lo ammetto: ero proprio un pazzo. Mi attaccò la mania per i laser da discoteca un mio amico dopo che io lo vidi, il super laser, al Living, la discoteca dove andavo a ballare (e intortare le belle signorine). Questa era l'unica discoteca bolognese che avesse un laser che, quando aprì alla fine del 1981, costò circa 15 milioni di lire. Era un robo lungo oltre 1 o 2 metri e alto mezzo. Roba da fantascienza. Da Star Trek. Perchè non farselo dunque ? Semplicissimo no ?... Se costa 15 milioni (dell'epoca), figuriamoci se un ragazzuolo di 18 anni non può costruirselo con 4 lirette... Dopotutto il principio era semplicissimo (si fa per dire): se noi prendiamo un tubo di vetro carico di un determinato gas e lo ionizziamo otteniamo un normale tubo fluorescente tipo i classici neon da illuminazione. Ma se noi copriamo la circonferenza e nelle due estremità mettiamo uno specchio da un lato e uno specchio semiriflettente dall'altro, ammesso che riusciamo a mandare in risonanza la luce ionizzata (robetta no?) otterremo un fascio di luce coerente. I fotoni infatti andando in risonanza (ottica) verranno "amplificati" e la luce che ne uscirà dall'estremità, l'unica parte del tubo non coperta, cioè quella con lo specchio semiriflettente, sarà luce con fotoni coerenti. Almeno in teoria. Dalla teoria al fai da te il passo fu breve: un tubo di vetro soffiato con i due elettrodi per l'applicazione della corrente, un gas che fosse stato economico, facilmente ionizzabile e che avesse emesso in una frequenza sufficientemente "facile". Un generatore di alta tensione e poi l'applicazione dei due specchietti, perfettamente paralleli, uno dei quali semiriflettente. Il mio amico sapeva soffiare il vetro e fece il tubo: era un po' storto (!) , ma dati i budget, andava bene. Forse. Il gas... uhmm... CO2. andammo da un saldatore e ci facemmo riempire il tubo di CO2 attraverso la valvolina che il mio amico aveva incluso per la ricarica. Ora serviva l'alta tensione per l'innesco della ionizzazione. Se si sarebbe ionizzato, avremmo potuto procedere (non sapevamo certo se e come, data la teoria un po’ “ballerina” e facile) con l'applicazione dei due specchietti. Cosa utilizzare come generatore di alta tensione ? Semplice: il televisore di casa (!) , dettagliatamente il bianchenero 14” di cucina. Tanto... era in bianchenero... Quel pomeriggio arrivò il mio amico a casa mia col tubo, prendemmo il televisore e lo smontai. Estrassi la presa che va al cinescopio sulla quale viaggiano circa 13.000 volt. La applicammo ad un elettrodo, applicammo la massa all'altro e poi demmo corrente. Io non so per chi e per cosa ma si spense tutto. Riprovammo, ma zero. Il TV taceva. Controllammo fusibili  e anche il ponte raddrizzatore ma... zero! Per forza… Avevamo fatto saltare la TV. A mia madre gliela raccontammo facile: lei credeva a tutto... Ma quando sarebbe arrivato a casa mio padre ?

COME ANDO' A FINIRE: La sera arrivò mio padre, e mia madre che non vedeva l'ora di sparare a zero assetatissima di vendetta, spifferò tutto per filo e per segno, amplificando pure i fatti per fare un botto + grande. Mio padre la prese benissimo: il televisore andò dal radiotecnico e le 20.000 lire per la riparazione mi vennero trattenute dalle varie 5.000 domenicali per andare in discoteca: 1 mese quindi senza discoteca Living e senza laser del Living. E soprattutto fine tassativa degli esperimenti e del nostro laser: il progetto venne bocciato causa demoralizzazione. E deficienza cronica ! Ma anche se fosse proseguito, chi avrebbe messo in risonanza i due specchietti ? Le emissioni di luce dei gas ionizzati hanno lunghezze d'onda di decine di Ångström cioè centinaia di nm (nanometri) cioè di migliaia di volte minori del micron, cioè milioni di volte minori del millimetro. Chi sarebbe mai riuscito a mettere in parallelo e alla giusta distanza i due specchietti con tolleranze di nanometri ?? Se il laser del Living costava 15 milioni, forse c'era una ragione... Ma a 18 anni credi di essere Einstein.

1982 – IL PICCOLO LADRO   :-)

A dir la verità, questo aneddoto riguarda più mio fratello (di cui quindi son degno) che non me. Io ebbi, per la 1° volta il ruolo di partner e non di progettista. Tutto nacque dal giorno che si ruppe la serratura di casa e mio padre la sostituì. Quella vecchia se la prese mio fratello, all’epoca sedicenne e fratello d’arte, che se la studiò ben bene. Espressamente capì come i dentini di una chiave agiscono sui barilotti della serratura permettendone l’apertura. Non sto qua a dilungarmi in spiegazioni che sarebbero difficili da raccontare (era lui l’artefice primario) e forse anche illegali, dato che sconfinerebbero nell’induzione allo scasso. Ad ogni modo vi dico che per ogni tipo di serratura esiste un profilo chiave (la sagoma visibile guardando la chiave dalla punta e di tagliuo). Una volta accertata questa, una persona abile può riuscire (con certe serrature da poco) a fare un passpartout acquistando semplicemente la chiave vergine in ferramenta. In altre parole, se tu prendi la chiave col profilo giusto e te la limi tu, puoi farti una chiave funzionante, ma con certe serrature ti puoi fare una chiave universale, cioè un passpartout. Comprando 6-7 chiavi vergini di diverso profilo, e lavorandosele alla lima, mio fratello costrui Il piccolo ladro, un gioco poco istruttivo e molto illegale. Coadiuvato da ferretti opportunamente piegati, riuscì pure ad aprire la serratura di chiusura di una bicicletta. E fu li che la mia mente demenziale (a 18 anni ai massimi della demenzialità) entrò in funzione. No… nessun furto. Non m’interessava il denaro o l’appropriazione indebita di oggetti. Ho detto che ero demenziale non ladro. A me 18enne dell’epoca interessava ridere. Solo ridere, quindi fare scherzi. E il piccolo ladro era una occasione unica.

COME ANDO' A FINIRE: Dapprima ci dilettavamo a chiudere di nostra iniziativa alcune biciclette lasciate volutamente aperte, ed a aprire quelle lasciate volutamente chiuse. Giusto per far i cretini, cioè far schizzare il cervello del padrone delle bici.  Nel frattempo mio fratello era riuscito pure ad aprire una cantina di un condomino. Aveva vecchi oggetti, bottiglie di vino, confetture fatte in casa e una bicicletta. Ci divertimmo ad invertirgli tutti gli oggetti di posto. La bicicletta gliela mettemmo capovolta, il vino per terra, le confetture capovolte e mescolate al vino e altri oggetti tutti spostati in maniera volutamente mongoloide. Intanto io e mio fratello avevo aumentato le frequentazioni in ferramenta a comperare chiavi vergini per poter sperimentare nuovi passpartout. Ma un giorno mio padre andò in ferramenta per cose sue, varie, e il titolare, temendo che stavamo prendendo una cattiva strada, quella dei furti, quelli seri, disse a mio padre delle chiavi vergini acquistate. Non ricordo cosa dissi come spiegazione alle domande di mio padre. Sebbene fosse mio fratello il capobanda, ero stato incolpato io perché avevo dei precedenti lunghi sempre, quindi ero per default, il colpevole. Temendo che, continuando scherzi nelle cantine, si arrivasse a noi, dato che mio padre sapeva del Piccolo ladro, lasciammo perdere tutto. Finì li la nostra primordiale carriera di apriporte. Ma ci siamo divertiti davvero una cifra.

1982 – LA RADIOSPIA   :-))

Premetto: il progetto non era mio. Chi era in grado di progettare un circuito elettronico ad alta frequenza, che trasmettesse in FM (88-108 Mhz) ? Il tutto che funzionasse correttamente senza auto-oscillazioni, e che, compreso di batteria da 9 volt e capsula microfonica amplificata, fosse stato tutto dentro un pacchetto di sigarette vuoto e con una spesa (all’epoca) di 9.000 lire (a Gennaio 2017 attualizzati a € 15,92) ? Presi il progetto da Nuova Elettronica, comperai i componenti e in 15 minuti completai il circuito. Lo provai: effettivamente trasmetteva sulle frequenze radio in Modulazione di frequenza, esattamente sui 95 e rotti Mhz soprapponendo le emittenti della stessa frequenza. La portata era ovviamente limitata, circa 150 metri, ma funzionava perfettamente. Poi aveva un condensatore variabile che ti permetteva di cambiare la frequenza di emissione. Tu parlavi al microfono e sentivi la tua voce per radio. Fantastico. Il primo uso, lo stesso giorno che  la costruii, accesi la radio in sala a mia madre che stava cucendo. Poi uscii di casa facendomi notare cioè salutando mia madre e dicendogli che andavo a fare un giro in motorino. Dal pianerottolo di casa accesi la microspia e iniziai a chiamare mia madre in maniera allarmata. Ma non potevo ne vedere la sua faccia sentendo la mia voce per radio, ne soprattutto sentire cosa imprecava contro di me. Quindi dopo pochi minuti rientrai. Mia madre tranquillissima mi disse che era ora che la smettessi di fare il cretino e che lei alla mia età andava già a lavorare mentre io stavo a fare il deficiente. La cosa che mi colpì maggiormente però, fu vedere che non si era meravigliata più di tanto. Oramai, la poveretta, era abituata a tutto e anche se gli avessi fatto saltare la casa, forse forse, se lo poteva aspettare da uno come me. Allargai il giro degli scherzi a mio padre. Non sopportavo che ascoltasse X Radio (ics radio) la peggior radio degli anni 70 di Bologna. Trasmetteva praticamente quasi solo liscio. Del malefico liscio, o filuzzi, o chiamatela come vi pare: waltzer, mazurke, polke, ahhhhgghhhh.... Le odiavo. E mio padre mi rompeva le palle con sta cazzo di X Radio tutte le sere a cena. Due maroni che non finivan più. Serviva una vendetta ! Bene. Scollegai il microfono dal circuito e tramite una resistenza, lo collegai al mio Gelosino, il primo lettore stereo di cassette con cuffiette che comperai. Misi dentro Back in Black degli AC DC e tarai il condensatore della spia sulle frequenze di X Radio che erano verso i 98 Mhz e gli parai gli Ac-Dc a canna. A breve oscuravo regolarmente il liscio di mio padre, di volta in volta con i Deep Purple, i Pink Floyd, gli AcDc... Avevo compiuto la mia vendetta e mio padre, peraltro un po’ stranito, s’accontentò di ascoltare altre radio. “Boh… non si sente più X Radio” continuava a dire… salvo poi che 15 gg dopo, un giorno che era a casa da un suo amico che abitava li nei paraggi e sentì X Radio. Quando arrivò a casa mi chiese, sospettando di qualche mio trucco, perché mai solo a casa nostra non si sentisse più l’odiata radio mentre poco lontano si. Gli raccontai delle basse scuse del tipo “le interferenze” e simili ma dovetti spegnere tutto prima che arrivasse a capire fino in fondo.

COME ANDO' A FINIRE: E fu così che poi decisi di fare lo scherzo al mio amico. Aveva rimorchiato una tipa davvero molto gnocca (e a sua detta anche brava in certe cosine) e ci aveva pubblicizzato, vantandosene, che la sera dopo il pub sarebbe andato con lei a far sesso in macchina. Prima di separarci, a macchina aperta, con una scusa un mio amico li distrasse ed io gli piazzai la spia sotto il sedile e dopo il pub li seguimmo in 4 con l’autoradio accesa. Tralascio i particolari, ma il giorno dopo, la domenica pomeriggio, quando ci ritrovammo tutti assieme, iniziammo a sfotterlo raccontandogli le parole erotiche sentite la notte prima per radio. Il mio amico, conoscendomi, sospettò che in n macchina avesse una cimice o simile, la trovò e… se la tenne :-( , ecco come è finita. Che per far ridere tutta la company ci smenai la mia microspia da 9.000. Ma mi ri-autotassai e ne ricomprai un altra e la montai in 10 minuti. Non c'era più nessun rischio di rifarsela fregare da un amico trombaiolo, perchè tutti sapevano. Niente più scherzi e risate: non c’era più gusto (e interesse) nel fare ulteriormente i cretini.

AGGIORNAMENTO: Yeahhh... Oggi 18 gennaio 2017 nel garage più disordinato del mondo (un vero record) cercando tutt'altro, ho trovato un misterioso sacchettino con dentro cavetti per segnali audio BF, spezzoni di piattina e cavi schermati, jack sbudellati, spinotti vari +/- rotti, e quant'altro della serie chi più ne ha più ne metta. Ma cosa c'era anche dentro? Lei! La radiospia. Ohè... è un oggettino di 35 anni fa, mica pugnette... Eccola qua: ha un cavetto del microfono da ri-saldare ma è come nuova :-) - Clicca l'immagine per ingrandire (Batteria e pacchetto di sigarette sono del 2017)

1986 – IL PHON   :-(

Lavoravo in fabbrica: era duro nonostante l’ambiente nuovo e relativamente confortante. I lunedì mattina in inverno c’erano 14°C: non era tanto, ma x un lunedì mattina d’inverno  in fabbrica è buono, anche se un giovinastro di 22 anni vuole il caldo d’inverno e il frescolino d’estate. Se x il frescolino estivo era dura farsi un condizionatore fai da te, per il freddo invernale si poteva rimediare. Come ? Ma è semplice: con un phon-stufetta no ? Tra le varie micropause rubate nell’ambito lavorativo, raggranellai i vari componenti. Tengo a precisare che trattandosi di azienda nel settore elettrotecnico, il giochino non era impossibile come invece sarebbe stato per un imbianchino o un sarto. Il filo lo recuperai facilmente: non era al tungsteno, ma andava bene. Aveva diametro 0,6 mm: non era poco, ma lo ripeto, andava bene. Con della mica, quel materiale isolante elettricamente e termicamente di cui sono fatti gli strati isolanti delle resistenze nei ferri da stiro, ritagliai 2 rettangoli uguali circa di 20 cm x 5cm. Su entrambi i pezzi, su uno dei due lati stretti feci un taglio fino a metà  mentre tutti i lati lunghi dei 2 pezzi, li resi seghettati incidendo tante piccole tacchette. Poi infilai reciprocamente i due rettangoli di mica uno con l’altro a 90° ognuno sull’altro nel loro lato stretto in cui avevo fatto i tagli. Saltando fuori una sorta di supporto tridimensionale fatto come una croce pronto per essere avvolto, sui 4 lati precedentemente tagliuzzati, il filo metallico. Il filo non era smaltato cioè isolato, quindi dovevo fare attenzione che se per caso una spira avesse toccato l’adiacente sarebbe andato in corto, di fatto comportandosi come se ci fosse stata una spira in meno cioè una minor resistenza e una più alta energia in gioco. Poi con del cartone feci una sorta di tubo esterno a tutto il marchingegno, tubo che si prolungava su una delle estremità in modo tale da contenere il ventolino che avevo rub… ehm… preso in prestito dal magazzino. Con degli altri pezzetti di mica fissasi la resistenza al tubo esterno in modo che stesse ben incastrato ma che allo stesso tempo facesse scorrere l’aria  del ventolino. Fissai bene, sempre con nastro adesivo, il motore del ventolino, sempre lasciando lo spazio per il flusso d’aria entrante, e… et voilà, la mia stufettina phon era finita. Or però arrivava il difficile: la tensione da fornire al dispositivo dipendeva dalla resistenza del filo, dalla corrente ivi circolante e dalla potenza della ventola. Non potevo oltrepassare i 16 ampere se no mi sarebbe saltato il quadro. Dovevo quindi abbassare le tensioni in entrata. No problem per uno che lavora con quadri elettrici multi tensione. Ricordo che partii con la 110 volt che era la tensione che simulava la rete elettrica in USA. Subito la resistenza diventò rossa ma il ventolino la raffreddava sufficientemente. X caso c’avevo preso. Cioè… il raffreddamento non era tutto uguale su tutta la resistenza: alcuni punti erano arancioni, altri scuri, segno di una imperfetta distribuzione del flusso d’aria, ma x una roba fatta in mezzora e artigianalmente andava più che bene. E scaldava pure. Poco ma scaldava. Mi sentii Marconi: una emozione unica.

COME ANDO' A FINIRE: Usai il phon alcune volte, ma la qualità del filo elettrico non fatto per resistenze, scaldandosi ripetutamente, progressivamente indebolì la struttura chimica e il filo un bel giorno si ruppe, e il phon non scaldò più. Io accantonai l’aggeggio sotto un bancone e la cosa finì nel dimenticatoio. Cioè non proprio. Dopo un anno e mezzo mi licenziai e cambiai lavoro. Qualche mese dopo il licenziamento mi vidi per una pizza con un mio amico ed ex collega di lavoro che mi raccontò che qualche giorno dopo il mio licenziamento, il capo officina andò a rimettere ordine e pulizia nella mia ex postazione di lavoro trovando il pseudo-phon. Capì subito cosa era servito ma nonostante questo, ironicamente chiese al mio amico: “Cus el stal bagai què?” (Cos’è questo aggeggio qua?). Il mio amico doveva rispondere ma non voleva infangarmi troppo: “Boh, non so, era roba di Franz. (io)”. E il capo che già dall’inizio aveva capito tutto, scossando la testa con un accenno di sorrisino sotto i baffi e una soffiatina di naso: “Am l’imazineva, me’l savaiva,… solamaint lu le al pseva fer sti bagai que." (Io lo sapevo, me lo immaginavo, solo lui poteva fare questi aggeggi qua).

1988 – IL KIT DELL’AUTOMOBILASTRO STRONZO   :-((

Vi è mai capitato mentre state al volante, c'è uno stronzo dietro che vi lampeggia ? Oppure per un piccolo diverbio stradale, il tipo dietro vi appioppa i fari abbaglianti ? E certi coglioni che oziano a 80 all'ora in terza corsia autostradale o addirittura la quarta se nella tratta MO BO ? Quando li superate dovrete pur fargli pagare il biglietto della vostra stronzaggine no ? Quella che, per forza uguale e contraria, si oppone alla loro. E come difendersi dal coglione di prima, dietro, che vi lampeggia ? Infine: i ciclisti. Si, sono ecologici perchè, se non caricano le bici sulle auto, non inquinano ma siamo certi che rispettino il codice stradale ? Quel gruppo di ciclisti sulla statale che viaggia a 30 km/h occupando l'intera corsia perchè si fan compagnia o meglio delle chiacchiere, può fare tutto questo intralciando lo scorrere degli autoveicoli ? Io una volta ho protestato e me ne sono trovati contro 5. Che fare ? Giustizia da soli, è ovvio ! Tra le varie cose che avevo escogitato, la migliore era di piazzare due proiettori da interno, a 12 volt, sul lunotto dietro. oltre ad essere troppo comodi quando parcheggi perchè ti illumina a giorno il parcheggio, servono per "invitare" gentilmente lo stronzo dietro a spegnere quei cazzo di abbaglianti. 2 piccioni con una fava. E invece quelli che occupano la terza corsia illecitamente oppure i ciclisti prepotenti ed arroganti ? L'idea me la diede un amico di vecchia data, il cui nome non lo rivelerò nemmeno sotto tortura: lui aveva "installato" sul suo furgone una vaschetta per i tergivetro, quelle con pompetta elettrica inclusa, rimediata da un demolitore. Poi l'aveva riempita con olio esausto e collegandola ad un tubicino che fuoriusciva dal portellone attraverso un piccolo foro nella guarnizione, era possibile pompare olio, nebulizzato grazie alla velocità dell'auto, ai signori stronzi dietro. Ciclisti invasivi compresi. Loro ti intralciano? E tu li ungi con una bella pompatina. Io però avevo studiato una seconda alternativa: inserire questo tubo in una Y collegata a valle del catalizzatore della marmitta. L'olio quando arrivava subito dopo il catalizzatore caldo ben oltre i 150°C avrebbe fumato paurosamente annebbiando chi sta dietro. Un po' come la macchina di 007 che premevi un tasto e sparava fumo.

COME ANDO' A FINIRE: Non realizzai mai questo progetto per paura di avere conseguenze legali da parte di pattuglie Carabinieri o Polizia potenzialmente avvisate su opportuna denuncia di una ipotetica  vittima: io vedo che davanti a me c'è un coglione che mi spara olio o mi affumnica, prendo la targa dell'auto e gli faccio una bella denuncia. I Carabinieri arrivano, perquisiscono la macchina, vedono il marchingegno e son cazzi. No, preferisco scancarare (inveire) contro i coglioni nella maniera tradizionale. Ma... l'innominabile amico l'ha realizzato: lo spruzzino sparaolio per i suoi nemici, i ciclisti da bar che fan salotto pedalando sulle strade. Concludo dicendo che se tutti rispettassero il codice della strada, non ci sarebbero questi sistemi di giustizia fai da te.

1989 – IL CONDIZIONATORE DA AUTO   :-(((

Nel 1989 giravo con un auto intestata alla ditta dove lavoravo: una Alfa 33 TD. La sfiga congenita di quell'auto era che, mentre il motore a benzina, che era un boxer a 2+2 cilindri contrapposti a 180° (quindi "lungo 2 cilindri) poteva ospitare il compressore del condizionatore, il diesel, che montava un motore VM a 3 cilindri in linea (4 non ci stava) non aveva spazio per il compressore, quindi era impossibile montare il condizionatore. A parte il fatto che, anche se ci fosse stato, ci sarebbe stato da domandarsi se la ditta avrebbe accettato di pagare oltre 1 milione di lire di allora per tenere fresco un lavoratore, ma il problema per me non si pose. Andai per demolitori, 4 o 5 all'epoca a Bologna, a cercare i pezzi per farlo. Avevo anche calcolato che per quanto riguardava il collegamento dei tubi del gas refrigerante, avrei chiesto aiuto a conoscenti che lavoravano dove costruivano i frigo da supermercato, quelli dove trovi yogurt e mozzarelle. Dopo vari giri da demolitori, realizzai che le uniche auto vecchie disponibili con eventuali condizionatori dell'epoca (per chi l'avesse) erano le Fiat 132 e Argenta.

COME ANDO' A FINIRE: Per fortuna "bene" nel senso che non tentai di mettere in pratica il progetto. Questo studio infatti, ricorda un po' quello sopra del laser: bisogna essere deficienti per poter pensare di farsi da se, in casa, così, alla boia-d'un-Giuda il condizionatore dell'auto. Ragionandoci oggi, è evidente che la cosa ha delle difficoltà tecniche enormi. Neanche tanto per il principio di funzionamento in se, ma l'adattarlo all'auto indipendentemente dalla marca e modello. Una pompa da condizionatore consuma molta energia, per cui se la si collega al motore, senza altri accorgimenti, esso, al minimo, si spegnerà, frenato dall'energia richiesta dalla pompa. oggi le auto hanno dei dispositivi che intervengono sulla centralina elettronica compensando il motore che cala di giri. Inoltre sarebbe stato quasi impossibile adattare la serpentina refrigerante dentro lo scomparto dell'elettroventola che ti permette di avere aria nell'abitacolo. Insomma, se avessi costruito un modello di aeroplano realmente in grado di volare, forse sarebbe stato paradossalmente più semplice.

1993 – LA LAMPADA UVA   :-)))

Giravo e slavoricchiavo per discoteche e la voglia di fare il figo, per far colpo sulle signorine-belle era tanta. E siccome i fighi si facevano le lampade, mi prese questa voglia. Tuttavia non mi stava bene di pagare una lampada viso, con una parte radiante di circa 40x60cm 300.000 lire. Troppo poco il risultato e troppo alto il costo. Non parliamo dei lettini lunghi 180 cm.: roba da solarium. Già i solarium: costavano troppo, all'epoca 20.000 lire. Pazzi ! Quando vidi che le lampade abbronzanti montavano dei normali tubi fluorescenti mi chiesi che costi potevano avere questi. Tutto il resto era "fuffa". Ma la domanda principale era: quali tubi ? Non c'era internet per documentarsi e quindi lo dovetti fare di persona recandomi alla sede regionale della Philips e chiedendo loro le tabelle spettrometriche di tutti i tubi fluorescenti a ultravioletti. Ricordo che il tipo mi guardò con fare un po' losco e mi chiese: "Lei è un tecnico? Un rivenditore ?". Gli risposi di no, ma  temendo che per  qualche ragione mi dicesse di no, improvvisai che volevo costruire una "macchina speciale di mia invenzione" di cui non potevo dare dettagli fino al brevetto. Il tipo cambiò completamente espressione, e, quasi galvanizzato, andò a prendermi un librone alto 4 cm con tutte le lampade esistenti al mondo che all'epoca la Philips faceva, a partire da quelle per acquari e finire a quelle per i proiettori nei cinema (che ricordo costavano oltre 1 milione di lire cad.). Dopo avere scelto il tubo giusto in base all'emissione UV (UVA) feci fare da un amico saldatore un telaio a H leggermente curvo in altezza da poter ospitare 12 tubi lunghi 60 cm. Poi fissai gli attacchi (standard tipo neon classico) e collegai i fili ai rispettivi starter. Vicino all' "ombrello" coi 12 tubi e starter montai una cassetta in acciaio che conteneva i 12 rattori e 2 potenti ventole per raffreddarli. Cercai poi il punto di baricentro del braccio che collegava scatola-reattori e ombrello-tubi (dato il forte peso dei reattori, esso era a questi vicino) e lo usai come fulcroper montarci un altro telaio con ruote che sorreggesse il tutto e permettesse anche di alzare o abbassare (come la sbarra di un passaggio a livello) l'ombrello-scatola-reattori. Infine collegai un timer per lo spegnimento automatico e il gioco fu fatto.

COME ANDO' A FINIRE: usai a lungo quella strana lampada autocostruita e le abbronzature fecero il loro effetto. Dopo qualche anno tuttavia mi resi conto che non doveva essere l'abbronzatura da figo lo strumento necessario per colpire le signorine belle e decisi di smettere di far le lampade. Ancora oggi ho in garage il mio solarium, solo che tempo fa nel movimentarlo, ci ruppi 2 o 3 tubi. Avrei avuto voglia di buttare via tutto, ma la nostalgia della macchina, autocostruita e erfettamente funzionante, me la fa conservare. Lì, a ricordo di una delle mie tante idee.

1994 – L’ANTIFURTO    :-)))

Quando alla ragazza con cui stavo all'epoca  distrussero la sua gloriosa Renault 5 ferma parcheggiata in strada, coi soldi dell'assicurazione incassati e una ulteriore aggiunta si comperò una bella Ford Fiesta. Ma per ragioni di bilancio economico (le vie del Signore a volte non sono infinite) dovette decidere se aggiungere il condizionatore e rinunciare all'antifurto oppure viceversa. Lei avrebbe voluto il condizionatore ma non poteva immaginare la sua nuova auto, parcheggiata sempre in strada, alla mercè di malintanzionati. D'altra parte la polizza assicurativa con furto aveva costi troppo alti. Fu così che la spinsi a prendere il condizionatore (capitolo sopra "Il condizionatore d'auto" docet) rinunciando all'antifurto che poi gli avrei costruito io: dopotutto fare un antifurto auto è più semplice che fare un condizionatore. Ovviamente doveva essere una cosa semplice e geniale. Semplice perchè non sono un ingegnere elettronico e geniale perchè bisogna fregare l'ipotetico ladro spendendo poco. L'idea che ebbi non fu male: l'antifurto si attivava automaticamente quando spegnevi il motore dell'auto e per disattivarlo dovevi tenere il freno premuto e contemporaneamente premere in una precisa posizione la cuffietta morbida alla base del cambio. Per i più curiosi spiego qua come funzionava, gli altri possono andare direttamente a leggersi come andò a finire. Avevo interrotto i cavi che alimentavano la pompa di benzina e il relè del motorino d'avviamento mettendoci 2 relè pilotati da un terzo relè "di servizio" che a sua volta era innescato dal pedale del freno in serie al micro dentro la cuffietta del cambio: a quadro acceso (chiavetta girata nella prima posizione) premendoli tutti e due il relè di servizio s'innescava ed oltre ad innescare gli altri due (permettendo al motorino d'avviamento e alla pompa di benzina di funzionare) si autoalimentava per cui anche rilasciando freno e micro, il relè rimaneva innescato. Solo quando staccavi corrente al quadro (giravi la chiave a 0) esso si disinnescava e solo con la procedura descritta sopra lo potevi re-innescare. In altro modo, girando la chiave per mettere in moto l'auto, i 12 volt destinati alla pompa di benzina andavano al relè del clacson. Morale: se tu tentavi di mettere in moto l'auto 1) non girava il motorino d'avviamento 2) non funzionava la pompa di benzina 3) suonava il clacson per il solo periodo che tenevi girata la chiave. Bello vero ? Dice: e se dai la macchina al meccanico per il tagliando ? Gli devi rivelare il segreto ! No ! perchè avevo messo un ulteriore interruttore, nascosto non ricordo dove, che disabilitava l'antifurto, riportando le condizioni elettriche all'originale. Quindi se davi l'auto a qualcuno, disabilitavi l'antifurto.

COME ANDO' A FINIRE: bene direi. La mia ex usò l'auto per vari anni, finchè una brutta malattia non se la portò via. L'auto andò al fratello che continuò a usarla per altri parecchi anni facendomi pure i complimenti per l'antifurto, semplice e geniale. Oggi una cosa del genere non avrebbe più senso dato che le auto hanno le chiavi d'accensione codificate, un sistema antiladro decisamente più efficace del mio. E se uno riesce ad eludere questo sistema, riesce pure ad eludere il mio. E siccome all'epoca ci lavorai 2 giorni per fare il tutto, la cosa oggi è,sotto l'aspetto logico, priva di senso. Ecco perchè vi ho rivelato l'antifurto: perchè oggi come oggi non serve più a nulla. :-þ

2008 – L’ARMADIO A MURO   :-)))

Mi son sempre piaciuti i passaggi segreti nelle case, nei castelli, nei film. Ma non ho mai potuto usufruirne 1) perchè non ne avevo le ragioni 2) perchè non sapevo come farli. L'idea mi venne in questa casa dove abito, quando pensai di trasformare una normale stanzetta di circa 10 mq in un enorme armadio a muro dove tenerci dentro tutti i vestiti anni 70 che ho. Avrei potuto trasformare l'entrata della stanzetta in un apparente armadio a muro. Ma da dove si parte per fare un armadio a muro ? Cioè: da dove si parte per fare due ante al posto della porta ? Devo dire che la stanzetta non aveva una porta normale ma una a soffietto per cui ho avuto un piccolo vantaggio quantomeno nel rimuoverla. Poi ho rivestito i due stipiti interni con legno per circa 20 cm. A dir la verità sono stato agevolato in questo dal fatto che non ci sono stipiti interni ma... muri. uno è quello della stanza (la porta è nell'angolo) laltro è il muro che divide il bagno e che continua per 30 cm lungo lo "stipite" della stanzetta. Per cui non ho dovuto fare i conti con spessori di muro (10-20 cm) ma con il muro bvero e proprio. Poi ho messo due assi orizzontali, opportunamente impiallacciati, sopra e sotto delimitandone le estremità verticali. Infine è iniziato il rompicapo: calcolare la larghezza delle due porte-ante in modo che chiuse siano a battuta perfetta. Per fare questo bisognava calcolare opportunamente dove fare i fori non passanti per le cerniere. Tralascio ragionamenti e calcoli, ma vi dico che c'ho messo un pomeriggio per farli, controllarli e ricontrollarli. Poi con una fresa sono andato a fare i 3+3 fori per le cerniere, precisi al millimetro. Infine ho montato le due ante sulle pareti in legno precedentemente fatte e qua descritte. Un lavoro che a dirlo servono 5 minuti, a farlo 2 giorni, dei quali uno per i calcoli. Infatti quando si fa una cosa per lap rima volta, i tempi sono sempre decisamente più lunghi di quando la stessa la si fa tante volte o quantomeno una seconda. Difatti se dovessi rifare un lavoro del genere probabilmente ci impiegherei la metà del tempo, ma crede che, data la difficoltà, non ripeterò più una roba del genere.

COME ANDO' A FINIRE: Semplicemente nel migliore delle ipotesi: le ante sono ancora li perfettamente funzionanti. Ancora oggi, quando qualcuno che non è mai venuto a casa mia le vede, pensa che sia un armadio a muro, ed invece c'è una stanzetta in cui entrare. E la cosa più bella, quella che mi fa più piacere è che io stesso se guardo le ante, come aprono, come chiudono, credo che siano... "vere". Come se le avesse fatto un falegname !!! Resta comunque la cosa più difficile che ho fatto. Sembra una cavolata ma... provate per credere.

2009 – CLIMATIZZAZIONE IN CASA   :-)))

Chi mi conosce sa quanto mal sopporto io il caldo. E da queste parti, in estate, nelle case si va a 30°C senza poi tenere conto anche degli alti valori di umidità. Se di giorno si soffre, di notte si dorme male e poco. E si diventa nevrotici. E si litiga con tutti. In passato avevo comperato per ben 2 volte un condizionatore portatile ma ha dei limiti: consumi di corrente eccessivi e basso rendimento termico. Insomma, se si vuol stare bene, per un buon compromesso fresco/consumi elettrici serviva un impianto di aria condizionata fisso. A muro. Pensa che ti ripensa, gira che ti rigira, 5 anni fa mio cugino mezzo capo in una grossissima ditta di materiali elettrici mi da la soffiata di una promozione Mitsubishi, a suo dire leader nei condizionatori da casa. Un po' quella, un po' lo sconto extra che mi ha fatto, con 1700€ portai a casa 2 split da 9.000 BTU, uno da 12.000 BTU e lo scambiatore esterno da 18.000 BTU. Non sono un termotecnico, ma con 4 conti empirici, stando un po' alto coi valori, decisi per quelle misure di potenza refrigerante. Bisogna infatti considerare che i climatizzatori col tempo perdono un pochino di efficienza (perdite di gas a parte) e quindi partendo con un impianto nuovo al limite, dopo qualche hanno sarebbe stato sottodimensionato. Se invece stai abbondante, puoi compensare con l'invecchiamento e la leggera perdita d'efficienza. In più un impianto sovradimensionato (si,ma non di molto) ti permette inoltre 1) di raffreddare casa in un tempo minore 2) di far lavorare la macchina ad un regime più basso, in quanto essa è più potente. Vale un po' il discorso di camminare a 130 km all'ora con una piccola utilitaria con la quale sei al massimo, oppure un auto potente che a 130 km/h ha il motore al minimo o quasi. I condizionatori ad inverter possono gestire la potenza erogata con notevoli risparmi elettrici rispetto ai tradizionali "on-off" e questo mi permette di usare il condizionatore anche con la lavatrice o lavastoviglie accesa senza superare il limite massimo di corrente posto a 16 A.  Ultima cosa: uno split al soffitto che manda aria fredda, avrà una efficienza maggiore dello stesso posto a livello di pavimento, giacchè se l'aria calda tende a salire, quella fredda tende a scendere. Nel giugno di quell'anno lavorai alacramente per 20 giorni spaccando muri per fare i buchi per far passare le canalette di plastica che avrebbero dovuto contenere i tubi del gas, gli scarichi acqua e i cavi della corrente. Ricordo che per fare i due fori maggiori, paralleli, che portavano 6 tubi alla macchina esterna, ho dovuto usare una fresa da 12 cm di diam e che ogni foro, fatto attraverso il muro esterno da 30 cm, inclinato sia in verticale che sulla direzione dx-sn (questo per agevolare le curve dei tubi), fori quindi profondi oltre 40 cm, ha richiesto quasi un ora di tempo. Dopo tutti i buchi nei muri, passai alla posa delle apposite canalette di plastica. Poi stesi le coppie di tubi (di differente diametro) per i 3 split. Mandai tutti i cavi elettrici sia per gli split (4 cadauno) sia per la macchina esterna (i classici 3) e infine montai prima gli split e poi la macchina esterna. Siccome pesava 45 kg dovetti chiamare un amico per sollevarla e porla sui bracci imbullonati al muro. Il mio lavoro era finito. Ora serviva qualcuno che sigillasse i tubi agli split e alla macchina esterna, creasse il vuoto nei tubi, immettesse il gas nel circuito (contenuto nella macchina) e che controllasse le pressioni (alta e bassa). Per farlo serve una macchina che è simile a quella che vedete dal vostro meccanico quando andate a ricarivcare il vostro condizionatore d'auto. Se questa macchina fosse costata anche solo 1000 € avrei potuto comperarla facendo una sorta di consorzio tra amici e parenti: 300 € a testa, ce l'hai per sempre, quando devi ricaricare il condizionatore te lo fa da solo e ti risparmi 100 €. 100 € oggi per la casa, 100 € domani per la macchina, in breve la macchina (che dura per sempre) è pagata. Te la passi tra amici e parenti ed il gioco è fatto. Anzi no ! Perchè tale macchina costava 3000 €. Allora chiamai un conoscente che lavorava nel settore, con 100 € venne a vcasa, mi sigillò i tubi, mi fece il vuoto, aprì il rubinetto del gas,e controllò le pressioni. 2 ore di tempo col mio aiuto e l'impianto di aria condizionata era in funzione !

COME ANDO' A FINIRE: non andò a "finire". Oggi settembre 2014 l'impianto è li che và come un orologio svizzero. L'anno scorso gli ho dato una ricarichetta (si, io... col fai da te... vendono le bombole da 1 kg di gas, l' R410, già col manometrino per le pressioni. E con 1 kg di gas cio fai almeno 5-6 ricariche, compreso il gas sprecato nel distacco del connettore all'impianto che, quasi, è più di quello ripristinato. Sono davvero contento del lavoro e ringrazio mio cugino per avermi indirizzato verso un ottimo prodotto: silenzioso ed economico. Pensate che, rispetto a prima, quando avevo un condizionatore da 14.500 BTU a carrello, ora, con una potenza max superiore (cioè 18.000 BTU) risparmio il 30% di consumi di corrente in un anno. E dormo da Dio !

2013 – IL MONOLITO   :-)))

Esistono 3 monoliti: 2 di essi sono quelli kubrickiani 1x4x9 giacenti il primo sulla Luna e il secondo nei pressi di Giove. Ma esiste anche un terzo monolite anche se a dire la verità non è 1x4x9: è il mio computer. Un parallelepipedo nero che ricorda vagamente l'oggetto misterioso dell'Odissea 2001, se vogliamo poco emotivo rispetto ad Hal-9001, ma certamente molto più tosto anche se non parla e canticchia. Già 6 anni fa costruii il mio primo PC prendendo un pezzo qua e un pezzo là, ma all'epoca non lo nominai. Era solo un anonimo computer da casa e basta. Trasparente, in plexiglass, con l'illuminazione blu dentro nell'elettronica, ma pur sempre "un computer". Questo no. Questo non è "un computer" ma "The Monolith" denominato esattamente Hal Fox 9001-113 (Perdonate l'assonanza ma non potevo non farlo) perchè Hal, perchè Fox è inutile spiegarlo. 9001 perché è l'evoluzione del 9000 del Discovery e 113 perché lo feci nel gennaio del 2013 (1 13). Così come nel precedente, son partito dalla CPU per la quale ho deciso di fare una botta di vita: Intel I7 3770 @ 3.40 GHz. Trattasi di 4 unità centrali fisiche e ben 8 logiche. Ricordo che mi è costato un botto: 250 € :-( . Ovviamente la scheda madre doveva essere all'altezza: non puoi prendere un cavallo campione e metterci un fantino scarso perché, in tal caso, avresti potuto benissimo risparmiare sul cavallo ottenendo gli stessi risultati. Ho optato per la Asus P8 Z77 V Pro/Thunderbolt: un altro botto da 200 € e passa (il prezzo esatto l'ho rimosso: ero dissanguato). Poi serviva un pochino di RAM, un cicinino, giusto un minimo, che viaggiasse alla stessa frequenza del bus della MB (scheda madre) perché altrimenti sarebbe come avere un treno di vagoni che possono andare a 200 km/h con un vagone che però non può superare i 140: limiterebbe tutto. E allora ho messo due DDR3 da 8 Gb ciascuno a 666 Mhz. Effettivamente il bus supportava frequenze superiori anche oltre 1 Ghz tuttavia erano le mie tasche che non supportavano i loro costi. Come "C:" ho messo un bel SSD da 256 Gb (altro botto economico, sigh) mentre come "D:" ho fatto un RAID Mirror con 2 HD classici da 2 TB cad. La scheda video ho utilizzato quella del precedente pc: una Radeon X1950 a doppio slot con alimentazione diretta. Il problema di quella scheda oggi, che 6 anni fa pagai 240€ :-( , è che ha 256 Mb di memoria Ram sua: anni fa andavano bene, oggi sono diventati pochini. D'altra parte la pagai talmente tanto che per forza di cose mi dovrà andare ben almeno per un altro anno o due: se 2 gust is megl che 1, 8 anni di uso is megl che 6 ! Un bell'alimentatore da 650 W in 80 Plus "Gold" (altre 170€) e due ventole da rack a diodi blu psichedelici tanto per fare un po' di scena. Mouse Sentinel da 60€ e tastiera luminosa Logitech da altri 60-70 €. Ultima cosa: un bel logo. Serviva però qualcosa di kubrickiano... Magari un... monolite... Giove... Presto fatto. Mi sono disegnato il monolite, ovvero il parallelepipedo calcolandosi pure i rapporti 9x4x1 tenuto pure conto che il 9 è in prospettiva, poi i colpi di luce, poi l'alone, poi Giove, poi il nome, infine le stelle, perché dopotutto le ultime parole di Bowman furono proprio: Mio Dio, è pieno di stelle quaggiù". Alla fine della fiera... come dire... se si va al ballo si balla. Oppure si sta a casa direttamente. Non ho altre passioni, hobby o simili, non vado mai in vacanza perché amo casa mia, lasciatemi almeno avere un pc che viaggia come una Ferrari con 2 preti a bordo: và da Dio.

COME ANDO' A FINIRE: come con il condizionatore. Non andò a finire, semplicemente perché Il Monolith sta andando... da Dio! Guarda che bei caratteri che scrive: tondi, belli, chiari, al profumo di rosa selvaggia, dolci come la Nutella...  Il problema più grosso è quando usi un computer di un altro: un cesso ! Lento, loffio, impallato. Il Monolith no ! Con Win7 64bit viaggia che è una favola. Non ho volutamente messo Win8 perchè nel 2013 era troppo fresco come SO e poi a me piace la configurazione classica di Windows e non tutte quelle cavolate semipsicadeliche che ha Win8 anche se parte in 10 secondi. E poi chi l'ha detto che bisogna mettere Windows ? Al prossimo SO sto già pensando a Linux !

AGGIORNAMENTO 2020 - Sebbene abbia compito 78 anni da parecchi mesi, il pc continua ad andare molto bene. Ma ho voluto potenziarlo sostituendo il monitor con 2 monitor curvi da 32" ciascuno. Oh, adesso si che mi sembra di essere alla NASA.

 

 

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